Riserve naturali
Santa Maria del Bosco e monte Genuardo
L’ingresso della riserva si trova a 5 km dal centro abitato di Contessa Entellina, in località Bosco del Pomo. L’aspetto naturalistico della riserva rappresenta ciò che resta delle antiche foreste che ricoprivano questi territori. All’interno dell’area protetta si trovano diversi ambienti: Monte Genuardo (1.180 m s.l.m.), la zona di Santa Maria del Bosco e la l’area del Bosco del Pomo.
La flora
Sul versante nord-occidentale del monte si trovano boschi naturali frammisti a rimboschimenti di specie esotiche. Sul versante meridionale il fitto e continuo lecceto è interrotto, di tanto in tanto, da nuclei di roverelle (specie di querce caducifoglie), soprattutto laddove il suolo è più profondo, e da individui di acero campestre e orniello.
Nel sottobosco numerosi sono gli arbusti come il biancospino comune, la rosa canina, il falso pepe montano, la vitalba e l’edera, e le diverse specie erbacee tra cui l’endemico pigamo della Calabria e il giglio puzzolente. Salendo in quota, la fascia boschiva oltre gli 800 m s.l.m. è caratterizzata dalle roverelle. Sulle parti più elevate del monte domina la prateria montana caratterizzata da molte erbacee dalle fioriture particolari, tra cui spiccano le corolle gialle del senecio di Sicilia, o i delicati fiori violacei del becco di gru, le bianche margheritine della pratolina, o i petali lilacini e gialli dello zafferanetto comune. Qui vivono piante rare come la bivonea gialla o endemiche come l’evax delle Madonie, piantina bassa (1-5 cm) con numerosi capolini (sono infiorescenze tipiche nella famiglia delle cosiddette “margherite”) di colore giallo paglierino, o il giaggiolo siciliano dai fiori gialli o violetti che vive in piccoli gruppi sulle rocce calcaree. Questa vegetazione erbacea tra le rocce affioranti è sporadicamente interrotta da cespugli di rosacee spinose. Sulle pendici del monte, nelle zone più aride e sassose, si insediano la ferula mediterranea, l’asfodelo (dai delicati fiori bianchi venati di rosa) e l’asfodeline dorata, che colonizzano in modo non fittissimo ma regolare la superficie a disposizione colorando di verde, giallo e rosa queste distese pietrose. In località Bosco del Pomo, posta in prossimità dell’ingresso alla riserva, si trovano nuclei di querceto a leccio e roverella e nei dintorni anche impianti artificiali di conifere (cipressi, pino domestico e pino d’Aleppo).
La fauna
Nell’area silvana sono ben rappresentati innanzitutto la volpe e la martora, tipici del bosco siciliano, mentre è dubbia la presenza del gatto selvatico. Tra bosco ed aree aperte gravitano il comune coniglio selvatico, l’elusivo istrice e micromammiferi come il toporagno di Sicilia e l’arvicola di Savi, vittime dell’allocco e del barbagianni, rapaci notturni.
Sulle aree aperte si trova anche il lodolaio, falco considerato raro in Sicilia, che qui nidifica e che viene espressamente citato fra le motivazioni dell’istituzione della riserva. Nel bosco si trovano le solite piccole presenze vivacissime: fringillidi e cince, spesso vittime dello sparviere di cui abbiamo più volte parlato nelle riserve in cui il bosco domina, e poi capinere e ghiandaie, cornacchie grigie, piccoli roditori e rettili tra cui il bellissimo ramarro, un lucertolone dalla splendida livrea smeraldina (col capo azzurro nei maschi), e le lucertole comunemente note: la campestre e la siciliana. Ma anche gongili, gechi ed emidattili. Tra i serpenti ci sono anche il saettone e la vipera, unico rettile velenoso presente in Sicilia. Sui tronchi degli alberi abitano correnti di esploratori in salita o in discesa: verso l’alto risale il rampichino, passeriforme detto localmente acchianazucchi, dotato di un becco molto lungo e ricurvo, adatto a scovare insetti tra le cortecce degli alberi; mentre in discesa va il picchio muratore (che picchio non è) che col becco potente e appuntito va in cerca di insetti e di semi. Il vero picchio è quello rosso maggiore, ma di lui echeggiano solo le tracce sonore. In queste zone si trova anche il cinghiale, reintrodotto da qualche decennio. (fonte: Azienda Regionale Foreste Demaniali)
Grotta di Entella
Il contesto geografico
La Riserva Naturale Integrale Grotta di Entella è ubicata nella Sicilia centro-occidentale, in quello che comunemente è detto “entroterra siciliano”: in questa zona, unico esempio di intervento mirato allo sviluppo del territorio è costituito dalla presenza, ai piedi della Rocca di Entella, della Diga Garcia che, sbarrando il braccio sinistro del fiume Belice, ha dato origine all’omonimo lago.
Quest’ultimo, oltre ai vantaggi arrecati all’agricoltura, ha attenuato le asprezze del paesaggio ed oggi costituisce un importante punto di riferimento per gli uccelli migratori. La riserva ricade nel territorio comunale di Contessa Entellina (provincia di Palermo), poco distante dai confini dei comuni di Poggioreale e Monreale, e delle province di Palermo e Trapani.
Nei pressi della Rocca, la presenza dell’importante sito archeologico di Entella, le rilevanze geologiche e naturalistiche che caratterizzano il territorio, nonché la vicinanza dell’abitato di Contessa Entellina (le cui origini affondano radici nell’antica cultura albanese) fanno di quest’area geografica, contestualmente all’istituzione della riserva, il motore di un’azione di rilancio e sviluppo dell’intero territorio.
La storia della riserva
La riserva Naturale Integrale “Grotta di Entella”, inserita nel Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali (Decreto Assessore del Territorio e dell’Ambiente 970191), è stata istituita nel 1995 dalla Regione Siciliana.
La gestione è stata affidata al Club Alpino Italiano – Sezione Sicilia con il compito di salvaguardare l’integrità della grotta e promuovere la ricerca e la conoscenza intorno all’area protetta. Prima dell’istituzione della riserva, la Grotta di Entella non era stata oggetto di interesse da parte del mondo speleologico siciliano.
Le prime esplorazioni, condotte dal Club Alpino Siciliano, risalgono agli anni ‘50. Grazie ad un gruppo di ambientalisti è stata avanzata la proposta di farne una riserva naturale. Il territorio sottoposto oggi a tutela rappresenta una piccola porzione dell’intero rilievo della Rocca di Entella.
La Grotta di Entella
E’ una cavità ormai completamente inattiva al suo interno, perché non vi scorre più acqua. La parte attualmente rilevata ha uno sviluppo complessivo di circa 400 metri ma recenti esplorazioni, condotte dal personale della riserva e da alcuni volontari della Sezione C.A.I. di Petralia Sottana, hanno portato alla conoscenza di un nuovo ramo, posto a quota più alta degli altri livelli conosciuti di notevole interesse geologico, archeologico e speleologico.
Il tratto iniziale della grotta è costituito da una galleria a meandri lunga circa 10 metri e larga circa 1 metro attraverso la quale si raggiungono le parti più interne del sistema carsico sotterraneo, passando per grandi saloni, piccoli salti, tratti appena percorribili per le ridotte dimensioni, scivoli e pozzi che ammettono nei rami più alti della grotta. Questa, infatti, si sviluppa su almeno quattro differenti livelli di gallerie, ognuno dei quali testimonia lunghi periodi di stasi della falda idrica presente al di sotto della Rocca di Entella.
Le pareti sono costituite da macro cristalli di gesso, mentre splendide infiorescenze di cristalli di gesso, stalattiti e stalagmiti contribuiscono a rendere più suggestivo questo scenario da fiaba.
La leggenda
Nella memoria collettiva degli abitanti di Contessa persiste la leggenda della Grotta dei Dinari, nome attribuito alla cavità carsica di Rocca di Entella, oggi sito della Riserva Naturale, che la ritiene custode di tesori protetti da incantesimi e sortilegi. Secondo un’altra tradizione nella Grotta abita un mostro strisciante dalle quattordici teste: solo offrendogli giornalmente in pasto una fanciulla è possibile sedarne l’ira.
Ultimo aggiornamento
14 Gennaio 2021, 00:37