Comune di Contessa Entellina

Archeologia

Una visita ad Entella

(Tratto da un articolo di Ignazio Gennusa sulla rivista Scirocco)

  Dopo aver lasciato la strada di fondovalle che da Palermo porta a Sciacca si cominciano a risalire le anguste vallate del Belice Sinistro e ci s’inoltra nell’entroterra siciliano, verso i primi contrafforti dei Monti Sicani.

Attraversando le anguste e serpeggianti vallate si nota il contrasto con il grigio delle rupi di gesso che le bordano, d’improvviso ci si imbatte in un grande massiccio roccioso, che si staglia possente quasi a chiudere la valle del fiume. E’  la Rocca d’Entella, altopiano gessoso intriso di storia e di leggende.

Ora montagna luccicante di una miriade di cristalli di gesso nelle assolate giornate siciliane, quieta, assopita in un silenzio irreale, ma per millenni centro di eventi decisivi per la storia della Sicilia, crogiolo di popoli, di culture millenarie che la hanno attraversata, conquistata, distrutta e riedificata: gli elimi, i greci, i fenici, i romani, gli arabi, i bizantini.

Attraverso una strada sterrata, ci si inerpica su per la vallata fino a lambire le rupi scoscese, che sovrastano imponenti e minacciose, sopraggiungendo ad un pianoro dove tra i cespugli di euforbia e le ferle affiorano le prime vestigia della città di Entella. Si intravedono dal terreno i piccoli tetti spioventi di alcune tombe monumentali fatte di lastre di arenaria, risalenti al IV secolo a.C., altre sono degli ipogei rivestiti di lastre di gesso, altre ancora delle semplici fosse segnate da pietre informi.

Molte tombe presentano dei fori praticati nelle lastre di copertura, segno evidente di passate e recenti depredazioni dei corredi funebri. Come tutte le necropoli dell’antichità anche questa è stata oggetto da sempre di saccheggi, a cominciare dagli arabi fino ai nostri giorni. Non tutto è andato disperso, alcuni corredi sono conservati presso l’Antiquarium di Contessa Entellina.

Questa è una delle tre grandi necropoli di Entella e prima di essere adibita al culto dei morti fu luogo di attività artigianale. Vi veniva estratto il gesso per gli edifici della città e vi si produceva la ceramica cosiddetta elima, che gli esperti chiamano a motivi geometrici incisi ed impressi. Lasciando  la necropoli alle spalle si risale su per la stradina tagliata nella roccia, lungo una parete a strapiombo che conduce sulla vetta, nella città.

Arrivati in cima si apre un vastissimo pianoro, contornato da cucuzzoli e creste frastagliate. La città è ancora in gran parte sepolta sotto una spessa coltre di terreno coltivato a grano. Duemila anni di storia stratificati in un sedimento. Case, edifici pubblici, strade, oggetti, tutto quello che è stato vita e storia di tanti popoli, ora sono racchiusi in uno strato di terra che poco a poco viene svelato dagli archeologi.

Sulle tre creste più alte che bordano l’altopiano vi sono altrettante fortificazioni medievali, risalenti all’ultima fase di vita della città, quella della dominazione araba. Storicamente Entella è ritenuta l’ultima roccaforte dei musulmani che resistettero a Federico II di Svevia.

Uno dei due castelli è stato interamente scavato e consta di una torre fortificata, due cortili interni ed un bagno con un ingegnoso sistema di riscaldamento.

L’altro castello è scavato solo in parte e si trova sul punto più alto della rocca: il Pizzo della Regina. Chissà perché poi un toponimo regina. Di regine ad Entella la storia non ha lasciato traccia, ma di una principessa musulmana narrano le cronache arabe del 1200. Era la figlia del califfo Ibn Abbàd  che fu ucciso da re Federico e che preferì darsi la morte pur di non arrendersi all’imperatore.

Fra le costruzioni di rilevanza monumentale finora messe in luce vi sono le imponenti mura difensive che cingono la città nel versante settentrionale, databili al VI secolo a.C. con vari rifacimenti fino al IV, e le due porte di accesso alla città.

Sempre nel versante settentrionale è visibile l’edificio pubblico più imponente. Si tratta di un granaio ellenistico che ha restituito numerosi contenitori per derrate alimentari, anfore vinarie, vasellame di uso comune, oltre ad un centinaio di statuette di terracotta raffiguranti la dea Demetra.

Entella è una città antiche che fu protagonista della storia siciliana e che poco a poco tenta di riemergere dalla terra dove è in gran parte sepolta. Vale la pena di una visita anche breve, oltre per l’atmosfera intrisa di storia e di leggende che vi aleggia, per un magnifico scorcio della terra di Sicilia che da qui si può ammirare.                                                                                         

Per approfondimenti visita il sito del Laboratorio di Topografia Storico-archeologica del Mondo Antico http://www.sns.it/laboratori/laboratorilettere/archeologia/

Castello di Calatamauro

Area Archeologica e Naturalistica Castello di Calatamauro 

(Concessa in gestione dal Comune di Contessa Entellina all’Associazione Vivere Slow – Per visite e info www.vivereslow.it – Cell. 389 6912418)

Notizie storiche (testi di Ignazio Gennusa)

 Il toponimo è ricordato da Idrisi:”da Manzil Sindi a Qal at Mawru nove miglia”  e nel registro dei confini dei possedimenti dell’abbazia di S. Maria di Monreale, redatto su ordine del re Gugliemo II nel 1182 in arabo e latino,  si legge “usque ad viam que ducit de Kalatamauru”.

 Circa un secolo dopo, allo scoppio del Vespro, Calatamauro era un castello di una certa rilevanza militare se la confederazione tra Palermo e Corleone, nel celebre patto di alleanza del 1282, giura di cooperare, fra l’altro,” ad destruendum castrum Calatamauri”.

Nei capitoli accordati nel 1520 dal  Conte Alfonso II marchese di Giuliana e Barone del castello di Calatamauro ad alcuni profughi albanesi che volevano ripopolare il casale di Contessa, redatti dal notaio Francesco Florena di Chiusa, si legge”Item devono detti abitatori pagar le decime del frumento posto alle fosse di Don Giovanni di Calatamauro. Item devono portar le legna secondo si costuma nella terra di Chiusa poste nel Castello di Calatamauro, essendovi Castellano.”

 Il castello compare nella lettera che Francois Sabatier scrisse a Michele Amari, in parte pubblicata da Giuseppe Nenci. Scrive Sabatier: “Da Corleone andai a Contessa e di là a Calatamauro che n’è distante 2 miglia sole. La fortezza s’innalza sopra una montagna ertissima, in forma di pane di zucchero e quasi inaccessibile da tutte le parti….Fra le due torri e dopo la seconda …è un’antica porta. Il proprietario del luogo, il barone Mulè mi disse esserne state delle altre, forse esistevano dove mancano le mura.

 

Le vestigia

Nel 2006 sono iniziate le prospezioni archeologiche sotto la direzione della Scuola Normale Superiore di Pisa e e della Soprintendenza Archeologica di Palermo.

 Le indagini hanno messo in luce l’intero percorso della cinta muraria inferiore che difendeva il complesso sul versante Nord, Nord-Ovest e Nord-Est. Tale cinta, costituita da un muro spesso fino a ca 1,80 m, risulta rinforzata da 6 torri quadrangolari.

 E’ stato individuato un tratto dell’antico sentiero che costeggiando parte delle fortificazioni arrivava alla porta d’accesso all’area del Castello.

 Nell’area più orientale del complesso edilizio è stata rilevante la scoperta di una grande cisterna che costituiva l’approvvigionamento idrico di questo primo livello di difesa.

 Chiude la fortificazione sul lato Est della terrazzauna Torre, importante punto di avvistamento sull’accesso nonché sul lato Est, sul versante Nord-Est e Sud-Est.

 Procedendo dalla porta d’accesso verso Ovest seguendo il filo interno del muro di fortificazione della cinta esterna, sono state messe in luce due sepolture. Si tratta di due fosse terragne rivestite da lastrine, di una fase probabilmente tarda dato che utilizzano come limite Nord proprio il muro di cinta. Le sepolture sono in decubito dorsale, orientate con il cranio ad Ovest e gli arti inferiori ad Est, entrambe infantili, una probabilmente di neonato.

La grande cisterna monumentale, da sempre visibile a chi si avventurava fino alla cima di Calatamauro, è un grande ambiente rettangolare voltato con arco a sesto acuto impiantato su due pilastri posti a metà dei due lati lunghi Nord e Sud. All’estremità Ovest del lato Sud un piccolo vano quadrangolare costituisce la canna del pozzo di attingimento che si apre sulla terrazza superiore nel cortile della zona residenziale del Castello.

 L’interno della cisterna e il pavimento sono rivestiti da  spessa malta idraulica, così come il bancone che corre addossato all’intero lato lungo Nord.

 Dalla porta di accesso si entrava in un cortile pavimentato in acciottolato e roccia regolarizzata, di forma rettangolare, a Nord e Sud del quale si aprono diversi ambienti.

 Per quanto riguarda il resto della terrazza superiore si segnala un poderoso torrione rettangolare posto nell’angolo Sud-Ovest dell’area. Si accedeva alla torre salendo una scala ad ampi gradoni  intagliata nella roccia.

 Proviene dal castello di Calatamauro il celebre mosaico bizantino di madonna con bambino del VII sec. d.c. custodito nella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis di Palermo.

Una visita virtuale: www.360cities.net/image/calatamauro

 

  

Fonti Bibliografiche

 Atanasio Schirò – L’antico castello di Calatamauro – Palermo 1887;
Ferdinando Maurici – Castelli Medievali in Sicilia – Sellerio ed. Palermo 1992;

Jeremy Johns – Entella nelle fonti arabe in Alla ricerca di Entella – Pisa 1993;

  1. Nenci – Entella nel 1858 in una lettera inedita di Francois Sabatier a Michele Amari – ASNS 1990.

Archeologia del territorio

Archeologia nel territorio (testi di Ignazio Gennusa)
Le ricognizioni archeologiche del territorio effettuate dal Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico della Scuola Normale Superiore di Pisa (1998-2002), hanno portato alla individuazione di numerosi siti di insediamento e/o frequentazione che vengono sintetizzati nelle fasi di seguito riportate.

I siti pre- e protostorici
Gli strumenti in selce o ossidiana e le ceramiche d’impasto collocabili in un orizzonte genericamente pre- e protostorico, senza al momento possibilità di una scansione cronologica articolata, compaiono in 23 siti; tra questi, solo 14 hanno altre fasi di occupazione successive.
Mentre i siti di Entella, Piano Cavaliere, o l’area abitata gravitante sul Monte Gurgo, sono definibili siti sommitali, in posizione dominante e con possibilità di difesa, il resto degli insediamenti occupa aree aperte, di medio o basso pendio o più spesso di fondovalle, collocandosi talvolta in zone perifluviali che in seguito non verranno più abitate (ad esempio i siti  Carruba di Caccia, presso il corso del Belice, o  Conigliera, prossimo al Vallone Vaccarizzo).

La fase arcaico-classica (fino al 409 a.C.)
Sono stati individuati 32 siti riferibili a questo periodo. Questa fase risulta abbastanza consistente, anche se non è possibile distinguere tra una occupazione di epoca arcaica ed una di epoca classica. I siti inquadrati in questo ampio periodo cronologico sono caratterizzati, infatti, essenzialmente dalla presenza di ceramica indigena ingubbiata e dipinta, attestata con scarsa evoluzione formale almeno dal VII a tutto il V sec. a.C.

La fase tardo-classica ed ellenistica (dal 409 al 31 a.C.)
Lo studio dei materiali e l’analisi comparata degli insediamenti individuati ha permesso di attribuire con certezza al periodo compreso tra il IV ed il I sec. a.C. 51 siti. Questi sono raggruppabili in categorie diverse: 18 sono preceduti da una fase insediativa di età arcaico-classica; di questi, 13 sono databili alla prima età ellenistica (fine IV-inizi III a.C.) e non presentano successive fasi di insediamento, fatta eccezione per rari casi di frequentazioni o occupazioni molto più tarde (romano-imperiali, tardoantiche, medievali); a questo nucleo si affiancano 7 siti occupati esclusivamente in età ellenistica, 3 riferibili alla fase di IV/III a.C., 3 al II a.C. e 1 s.d.35; 19 insediamenti nascono in età ellenistica (1/3 databile nel IV/III e 2/3 nel II/I sec. a.C.) e proseguono – quasi sempre caratterizzati da un considerevole sviluppo – in età imperiale; per 7 siti, infine, la fase ellenistica rientra in un quadro insediativo pluristratificato, che copre lunghissimi archi temporali, a partire da epoca pre-protostorica fino ad arrivare al Medioevo: il primo fra tutti il sito di Entella.

La prima e la media età imperiale
I siti individuati sono 32, a cui si aggiungono 10 tracce di frequentazioni (che hanno restituito non più di 1 o 2 frammenti ceramici).

La tarda antichità (IV-VII sec. d.C.)
Per l’età tardo antica (IV-VII sec. d.C.) è stata rilevata la presenza di 30 siti individuabili come sede di occupazione stabile, e di 10 aree oggetto di frequentazione, verosimilmente sporadica (caratterizzate dal rinvenimento di non più di uno o due frammenti attribuibili al periodo in questione), cui sono da aggiungere altri 3 casi di frequentazione dubbia.

La fase medievale
L’esame della documentazione materiale dai siti finora esaminati ha consentito di attribuire ad epoca post-classica 47 siti e 7 tracce di frequentazioni.

Per approfondimenti vai a www.sns.it

Ultimo aggiornamento

14 Gennaio 2021, 00:29